Il Cumun
Storia delle istituzioni comunali di Palazzolo, Piancada e Marianis
Presentazione del libro a cura dell'on. Danilo Moretti
Saluto tutti i presenti e in particolare gli amici di Palazzolo che, nel libro di Giuliano Bini che oggi presentiamo, trovano il loro paese descritto sotto il profilo storico, corredato da una abbondante critica documentata. Saluto poi il Cavaliere Ufficiale Geometra Fantin, Presidente della Bassa, Associazione sempre attenta con grande passione e impegno volontaristico a portare all'attenzione del nostro territorio squarci di luce che, assieme a frammenti di ombre, giungono dal tempo passato a noi; tempo che copre di polvere e di oblio tutte le cose a meno che non vengano scosse e riscoperte dai posteri. La Bassa si occupa proprio di mettere in luce la multiforme azione dell'uomo che negli anni si sono espressi negli svariati campi del vivere e del sapere. Grazie a questo lodevole lavoro della Bassa, noi abbiamo l'opportunità di cogliere il nostro “come eravamo” e comprendere come, per esempio a Palazzolo, si continua ad essere figli dei propri padri: con la grinta del fare, con il non accontentarsi mai di ciò che risulta facilmente raggiungibile, con la voglia di discutere sempre e comunque anche ponendo il dubbio non sempre legittimo su ciò che altri fanno e con l'attaccamento quasi viscerale al paese stesso e in particolare al proprio gruppo di amici e a proposito di amici qui in sala ne vedo alcuni dei miei che saluto molto cordialmente e che ringrazio della loro presenza.
L'amico Giuliano Bini con il suo lavoro “il Cumun– storia delle Istituzioni Comunali di Palazzolo, Piancada e Marianis” ci presenta un testo, si dice, di storia locale. Qualcuno afferma che dunque si tratta di storia minore, quasi che la grande storia, invece, sia formata chissà da quali altri avvenimenti. La cosiddetta storia ufficiale è narrazione di discorsi e di proclami più o meno veritieri, da ragioni e torti più o meno veridici, da fatti accaduti ma spesso a noi giunti con interpretazioni, come si suol dire, ad usum delfini. E' la storia aulica che perlopiù garantisce il vincitore, condanna senza appello il vinto, ma è anche motivo di cemento e fondamento dello stare insieme di un popolo, di una Nazione. Questa grande storia ha quindi un fondamentale valore sociale che rafforza l'appartenenza al gruppo anche se spesso, come ho detto, fa acqua da tante parti. Grazie a Dio, però, con il tempo, quando i personaggi direttamente interessati sono scomparsi, ci pensano opere di singoli storici o films o ricerche documentate ad equilibrare i pesi del pro e del contro. In questo caso è la Bassa che, narrando la storia realmente vissuta dal popolo minuto, la storia, in fin dei conti, di ciascuno di noi nei giorni feriali della nostra vita; è la Bassa, dicevo, che riequilibra con il vissuto quotidiano le ampollosità della storia ufficiale. Perché lo storico, sia chiaro, deve narrarci come eravamo e come pensavamo realmente e non come qualche potente imperante nei vari secoli avrebbe voluto che noi credessimo di essere. Adesso vi faccio arrabbiare: vi faccio una provocazione: i meridionali non volevano l'Unità d'Italia, i Piemontesi non conoscevano il Meridione, i Friulani stavano bene con gli Austriaci, il Regno dei Borboni aveva la Moneta più forte dell'Europa del tempo e l'organizzazione Austriaca in Friuli era molto buona. Ultimamente i libri di storia riportano questi dati, ma chi ha la mia età ricorda bene che il Sussidiario e i Testi di Storia insegnavano tutt'altro. E'evidente che questo tipo di storia era uno strumento politico necessario al compimento dell'Unità d'Italia e, chi è attento, avrà notato che nel 150° Anniversario dell'Unità d'Italia perfino il Vaticano, con molta prudenza e senso di responsabilità, ha sottaciuto dei fatti storici che avrebbero illuminato le radici filosofiche della nostra Patria. Dunque possiamo dire che anche questa è storia; storia che è fondamento e motivo di essere componenti di un gruppo, di un clan, di una Nazione. Pensiamo alle tante famiglie che hanno fatto fortuna nei secoli passati i cui pronipoti ne godono ancora. Ma è bene che conoscano i mezzi che sono stati usati per accumulare quelle fortune, perché esiste anche una giustizia distributiva nel tempo.
Ma allora Giuliano Bini ha scritto un libro di storia? Certo che l'ha scritto! Ci ha illustrato i tempi antichi con quel distacco naturale che oggettivamente il tempo che passa pone e la narrazione delle vicende più attuali ce le ha descritte con quella partecipazione personale, culturale e caratteriale che ogni persona porta con sé. E' ovvio che non si può fare la storia degli ultimi 40 anni da parte di chi è stato protagonista, una storia intendo con tutti i crismi dell'oggettività il più possibile incondizionata. Pensate alla storia narrata nei libri di Montanelli o al Testo di Storia del Saitta per i Licei! Nelle vicende contemporanee, per forza di cose, tutti ci mettono del loro.
Fatte queste premesse, che tipo di storia, allora, ci presenta il Bini? E' illuminante, a tal fine, l'introduzione che egli stesso premette al suo lavoro. Merita che la leggiamo e la commentiamo assieme perché il contenuto di questa pagina è propedeutico a trovare le risposte a tanti nostri quesiti: perché è stato scritto il libro, quale fine si prefigge, di quale stile letterario si serve, qual è l'humus in cui si sviluppano i suoi ragionamenti e anche, diciamolo chiaro, quali e quanti sassolini alcune volte in modo sornione e altre volte in maniera mordace ha voluto togliersi. Sì, perché il Bini ci presenta un ampio quadro di storia locale con grande dovizia di documenti di notevole valore, con interessanti tavole sinottiche, con ricercate statistiche e preziosi diagrammi e soprattutto con una serie notevolissima di bellissime fotografie che rendono attuale gli anni di fine Ottocento e di tutto il Novecento.
Analizziamo l'introduzione. Voi comprendete che non farò la sintesi del libro, la storia ve la leggete voi. Io mi permetto solo di offrire delle chiavi di lettura che deduco direttamente dal testo.
A questo punto il relatore legge e commenta, come annunciato; l'introduzione mettendo in luce ed illustrando tutti i quesiti sopra enucleati ed avvalorando il tutto con una serie di brani antologici sempre estrapolati dal testo. Dopo l'intervento a braccio, che non abbiamo potuto registrare, il Prof. Moretti prosegue il suo intervento.
Potremmo proseguire a iosa e troveremmo altri aneddoti, altri fatti che illuminano la storia di Palazzolo, Piancada e Marianis. A proposito, solo per punti, Piancada, Villa Rustica è documentata dall'8/10/1276; viene denominata Comune il 23/12/1472; ridiventa Frazione il 22/12/1807. Una nota interessante: nel 1600 vi è un documento che testimonia che a Piancada si diventava maggiorenni a 18 anni!
Marianis rappresenta una bella storia di un grappoletto di case dove abitavano quelli che “Feno faciant” (anno 762). Vi sono poi altri documenti che parlano di questa località e da un Decreto Napoleonico del 7/12/1807 si evince che Marianis era Comune. Da quando non si sa…
Chiudo questa mia breve relazione con una riflessione: quando sono diventato Sindaco mia moglie mi ha fatto un ragionamento molto serio, mi ha detto che il successo di uno è sempre la somma del talento di molti e io vi dico che sono proprio questi molti che con la loro individualità e specificità potranno contribuire, anche con idee e giudizi diversi, al completamento e anche alla correzione del quadro storico presentato da Bini. Sarebbe, credo, molto interessante se chi la pensa diversamente dal nostro Autore, magari proprio sotto l'egida della Bassa, contestasse o completasse il Bini con un suo lavoro da dare alle stampe. Allora nascerebbe un contraddittorio vero e provato e la Storia e la Cultura avrebbero tutto da guadagnare, anche a Palazzolo.