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Un Pais e la so zent “un paese e la sua gente”

di Franco Romanin

Il nostro Paese, ricco di tradizioni artistiche, si caratterizza per una diffusione ancora molto rilevante di mestieri di antica origine, di botteghe e di laboratori che hanno tramandato la lavorazione di materiali che vengono trasformati in oggetti d'arte di elevato pregio dalle mani di abili artigiani, veri e propri maestri nei loro ambiti d'attività.

Lo sviluppo industriale ha messo a repentaglio questi mestieri molti dei quali sono scomparsi o sono in via di sparizione. Una parte di essi però, ha resistito all'avanzare della civiltà industriale. Si tratta di mestieri quali lo scultore, lo scalpellino, il mosaicista, il restauratore di mobili d'arte, di affreschi e di antichi palazzi dove i mestieri, ormai sempre più rari, nelle loro botteghe o laboratori, tramandano antiche tradizioni locali della lavorazione del marmo, delle pietre ornamentali e degli altri materiali.

In quest'epoca che sta affrontando una nuova rivoluzione tecnologica, la difesa di arti e mestieri che hanno reso famoso il nostro Paese in tutto il mondo non è anacronistica, ma mantiene piena validità.

Questo nuovo lavoro di Franco Romanin vuole significare e ripercorrere indietro nel tempo i mestieri tradizionali degli abitanti di San Michele al Tagliamento, in un'area che si estende in una parte del Veneto Orientale, adagiata alla sponda destra del Tagliamento e che si allunga verso il Mare Adriatico.

L'autore, inevitabilmente, ci riconduce alla storia vissuta e raccontata dalla gente comune dei borghi e delle piccole frazioni, nei pressi delle antiche case padronali o nelle case contadine, un tempo territorio ambito dalla Serenissima. Un viaggio alla scoperta degli antichi mestieri, dove, in particolare, si vuole recuperare il ricordo di tempi di lavoro lenti ed ampi, di un linguaggio antico che mescola leggenda e realtà di tecniche di produzione e di strumenti di lavoro che raccontano le trasformazioni tecnologiche ed umane avvenute nel corso dei secoli.

Le immagini che pietre, persone, natura e racconti riportano alla mente, testimoniando una vita di sudore, di fatica e molto legata alla religiosità, di rapporti di dipendenza tra notabili, popolari ed una natura a volte generosa e a volte severa. I campi non erano romantici, ma dimenticati e oscuri, popolati di gente dalla vita breve che difficilmente arrivava ai cinquanta anni. Le donne erano a servizio dei mariti, provvedevano alla cura dei figli e della casa; gli uomini lavoravano per i signorotti o per le famiglie nobili e ricche, veri padroni delle terre. Accanto alla storia scritta nei libri di principi e principesse, di conti e duchi, vi è la storia della civiltà contadina, dei fabbri, dei calderai, degli arrotini, dei maniscalchi, dei calzolai, degli spazzacamini, dei mugnai, dei bottai, dei sarti, dei norcini e di tanti altri mestieri poveri, ma nello stesso tempo nobili, anche se hanno espresso un'arte povera, spesso condizionata dalla necessaria e pratica utilità.

E Romanin ci ha raccontato quest'ultima parte della nostra storia affidando, attraverso le pagine di questo libro, quel patrimonio culturale lasciatoci dai nostri avi, affinchè non venga cancellato del tutto dalla nostra memoria, ma rimanga a far parte di noi, della nostra tradizione, con una speranza ed auspicio: che i giovani ritrovino un interesse nel riaffacciarsi a queste antiche culture dove, ancor oggi, possono offrire nuove forze e nuovi posti di lavoro.

(Dalla presentazione del presidente de “la bassa” Enrico Fantin).